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Il punto di salatura: lì è racchiuso il successo di un piatto. Un pizzico in più o in meno e la magica alchimia si perde. Invisibile ma fondamentale, questo è il grande potere del sale. Ma si fa presto a dire sale. Il sapido granello ha gusti, consistenze e colori diversi a seconda della provenienza. L’intera storia dell’uomo è bagnata nel sale. In questo senso è certamente il più antico dei prodotti di territorio. La produzione del cosiddetto “oro bianco”, il preziosissimo e quasi unico elemento di conservazione degli alimenti disponibile fino all’avvento dei primi frigoriferi.

Il granellino integrale, siciliano, romagnolo, francese, inglese oppure proveniente da mari e montagne ancora più lontani, e attraverso viaggi infiniti diventa sempre di più un ingrediente importante.
Da sempre la storia dell’uomo, le nostre civiltà, sono intrinsecamente connesse al bisogno di sale. Conservare, allevare, pagare, raffreddare, medicare, curare, costruire, sparare, scambiare, commerciare pregare, proteggere e molte altre attività hanno avuto bisogno di questo semplice elemento.

Allora ci piace ricordare che condividere il pane e il sale era e resta il gesto simbolico dell’ospitalità e dell’accoglienza.
In tutti i prodotti è verificabile una certa differenza tra la produzione industriale e quella artigianale. Stessa cosa vale per il sale. A seconda se di salina, di miniera, prodotto per evaporazione naturale o indotta, raccolta con mezzi meccanici o a mano, il sale presenta caratteristiche organolettiche diverse e composizioni minerali più o meno ricche. In linea di massima il prodotto ovunque in vendita, per soddisfare la grande distribuzione, proviene da sfruttamenti industriali dove la “raffinazione”, il “lavaggio” e l’”essiccatura” ad alte temperature rappresentano i passaggi fondamentali della filiera di produzione. Nella nostra scatola di cartone dunque abbiamo un sale privo della maggior parte dei minerali nobili. Nel sale marino artigianale invece sono presenti sostanze indispensabili al buon funzionamento dell’organismo.

In Italia abbiamo 12 saline.
La differenza non è solo sul piano della salute ma anche su quella del gusto. Ogni sale ha la sua storia di uomini, di luoghi incontaminati dalla bellezza indescrivibile, di viaggi e, provateci, ha sapori e consistenze diverse a seconda dell’acqua di provenienza.

LA SALINA DI CERVIA
La Salina di Cervia, la più piccola e la più a Nord d’Italia, si estende per 827 ettari è composta da oltre 50 bacini, circondati da un canale che consente all’acqua del mare Adriatico di entrare ed uscire dalla salina.

La raccolta (o cavatura) avviene nel cuore della salina, nei bacini chiamati ranghi e divisi in tre vasche. E’ qui che si forma e si raccoglie il sale, in maniera artigianale, come avveniva un tempo. Dal 1959 la raccolta si dice “unica” e si avvale di un nastro trasportatore e di un trenino, salvo nella Salina Camillone, dove la raccolta avviene a mano, con il metodo detto “a raccolta multipla”.

La Camillone, come gli altri fondi saliferi, è una speciale e delicata opera idraulica composta da una rete di bacini dove nel periodo estivo avviene la deposizione dei cristalli di sale.
Fino alla fine degli anni ‘50 la maggior parte della popolazione cervese è impegnata nella produzione del sale. Nel 1959 però i Monopoli di Stato operano una grande trasformazione strutturale delle saline e modificano il sistema di produzione optando per il metodo “alla francese” con un’unica raccolta annuale e l’utilizzo di mezzi meccanici. Questo intervento, realizzato con l’intento di incrementare la produzione, spazza via in un colpo solo le piccole saline artigianali e la figura del salinaro.

La Salina Camillone, ultimo fondo salifero salvato dalla ristrutturazione. Questo è oggi ancora attivo grazie al lavoro di salinari volontari, che producono il sale seguendo ancora il sistema artigianale a raccolta multipla (ogni 5 giorni), unico in Italia, detto alla cervese.
Il sale prodotto nella salina Camillone, per la particolare lavorazione e l’alta qualità del prodotto, è riconosciuto presidio slow food. Questa salina può produrre dai 500 ai 2000 quintali di sale dolce, a seconda dell’andamento della stagione estiva, che dalla prima quindicina di giugno si protrae fino all’incirca a metà settembre.
Prima della trasformazione del ’59 l’arte e i segreti della produzione venivano tramandati di padre in figlio, di generazione in generazione e ogni salina aveva il suo nome. Al termine della raccolta “l’oro bianco” veniva trasportato ai magazzini per lo stivaggio in attesa della distribuzione commerciale.

Qui il carico veniva controllato, valutato e i salinari erano premiati per il loro lavoro in base a valutazioni di quantità ma anche di qualità del prodotto.

Perché IL SALE DI CERVIA è DOLCE?

L’acqua del mare viene guidata da un bacino all’altro una volta raggiunto il giusto grado di salinità. Dai 3,5 Beaume (Bè) originari, giunge fino ad un massimo di 26/28 Bè, la concentrazione che porta alla deposizione dei cristalli di cloruro di sodio. Il grado massimo di salinità che l’acqua raggiunge nelle saline cervesi non permette la deposizione di altri elementi presenti nell’acqua salata che normalmente aggiungono quel retrogusto amaro classico del sale. Per tale motivo il sale di Cervia è definito Dolce, per il suo gusto particolarmente gradevole e delicato.

CURIOSITA’: sale dolce di Cervia, il Sale dei Papi
La storia del sale dolce di Cervia è piena di tradizioni. Quella di inviare ogni anno a Roma, alla corte Pontificia, il fior fiore del Sale Dolce di Cervia ebbe inizio nel 1440. Ancora oggi una delegazione in rappresentanza della Salina, dei Salinari e della città di Cervia fa visita al Papa per omaggiarlo con il sale dolce di Cervia appena raccolto.

Per tutto questo e molto altro si dice che il Sale Dolce di Cervia non Sali le pietanze, ma le condisca.

E tu che sale usi?

L’articolo proposto non ha alcun tipo di interesse commerciale e non è sponsorizzato dall’azienda.

Michela e Alessandro